Struccarsi per non essere aggredite: donne insorgono contro lo spot cinese

Struccarsi per non essere aggredite: donne insorgono contro lo spot cinese

L’azienda cinese Purecotton fa indignare le donne, pubblicizzando le proprie salviette struccanti con un messaggio sessista: struccarsi per non essere aggredite. Suggerire che una donna abbia maggiori probabilità di essere molestata o aggredita perché truccata o di bell’aspetto, è uno stereotipo ricorrente. Immagini forti, che banalizzano la violenza sulle donne, demonizzandone le vittime. La Presidente del Telefona Rosa: “gli spot pubblicitari sono lo specchio della nostra società”.

L’azienda Purecotton, marchio cinese di prodotti in cotone, ha scelto di pubblicizzare le proprie salviette struccanti, affidandosi ad uno spot televisivo. In pochi secondi si vede una donna camminare per strada di notte, inseguita da un uomo minaccioso. La giovane, visibilmente impaurita, ad un certo punto prende dalla borsa un pacco di salviette. Nel frattempo l’uomo la raggiunge e la fa voltare, scappando inorridito da ciò che vede: una donna struccata, non più così appetibile. Una strategia di marketing molto comune, il cui obiettivo primario è vendere il prodotto. Fin qui nulla di strano, se non fosse che la violenza sulle donne è un fenomeno drammaticamente diffuso.

Sei bella? Sei truccata? Allora hai maggiori probabilità di essere aggredita o molestata sessualmente. Un messaggio sessista, che fa indignare per lo stereotipo che veicola.

Travolta dalla polemica, la Purecotton ha rimosso lo spot dai propri canali, scusandosi con gli utenti. Tuttavia, sorge spontaneo chiedersi il perché sia stata fatta una scelta comunicativa così sbagliata. Nello spot si fa leva sulla paura delle donne, principali consumatrici del prodotto, ancora prigioniere tra stereotipi ed oggettualizzazione.

La donna oggetto diventa una proiezione del desiderio maschile, normalizzando gli episodi di violenza.

La pubblicità, in TV o sulle riviste, ha lo scopo primario di vendere prodotti, ma troppo spesso riflette una società ancora condizionata da una cultura maschilista e stereotipata. Una forma di comunicazione di massa, come la pubblicità, dovrebbe prestare maggiore attenzione alla rappresentazione dei ruoli sessuali e ai valori trasmessi.

Ne abbiamo parlato con Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, Presidente del Telefono Rosa:

Foto Presidente Telefono Rosa
Maria Gabriella Carnieri Moscatelli

«La violenza di genere è un fenomeno mondiale e questo spot ne è la dimostrazione. Il vero orrore è la cultura maschilista e stereotipata che fa da sfondo alla pubblicità. Come al solito le vittime di violenza sono donne belle, giovani e magari anche vestite in modo succinto. Come se lo stupro riguardasse solo alcune donne. Il Telefono Rosa sottolinea da sempre che la violenza è democratica, colpendo donne di qualsiasi ceto sociale, età e nazionalità. La verità è che gli spot pubblicitari fanno leva sui sentimenti e l’emotività, ma nello stesso tempo sono lo specchio della nostra società. Pensiamo agli anni ‘50 quando le donne venivano ritratte solo come mogli perfette dedite alla casa e alla famiglia, o a tutte le aziende automobilistiche che hanno scelto il nudo e la rappresentazione del corpo femminile per catturare gli uomini, come se solo loro comprassero delle macchine». 

Le donne vengono spesso ritratte come oggetti da possedere o da mostrare, con ruoli precisi e definiti. Finché non abbatteremo questa cultura, la violenza continuerà ad essere un’emergenza sociale.

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Approfondimenti:

 

Foto di copertina di Philip Justin Mamelic da Pexels

Si ringrazia per la collaborazione l’Ufficio Stampa del Telefono Rosa.

Violenza sulle donne e lockdown: esasperazione e stereotipi

Anna Fortunato

Formazione scientifica e passione per la divulgazione. “Somewhere, something incredible is waiting to be known.”
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