Una proposta estrema per accelerare la ricerca sul vaccino contro il coronavirus

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Nel mentre che gli italiani sono costretti a casa, i ricercatori stanno valutando eventuali approcci da adottare per accelerare il test sui vaccini contro il corona virus. Molti si chiedono se rimanere confinati nelle quattro mura di casa possa essere sufficiente per sconfiggere il virus o invece, è inevitabile andare incontro a un elevato contagio della popolazione affinché si raggiunga l’immunità.
Questo è lo scenario che fu presentato in un primo momento dal sistema sanitario britannico con la proposta dell’immunità di gregge. L’immunità di gregge, spiega Giovanni Maga, direttore dell’istituto di genetica molecolare del CNR, è un processo “naturale” che permette anche alle persone non vaccinate di resistere al virus. La necessità è quella di avere un numero elevato di persone che hanno contratto il virus, parliamo di circa il 60-70% della popolazione, che potrà rispondere con il proprio sistema immunitario dopo essere stati precedentemente contagiati, sconfiggendo il virus.
In questo modo le persone immuni, che hanno già contratto il virus e che sono guarite possiedono gli anticorpi necessari per proteggere anche individui non infettati. Perché in questo caso il virus farebbe fatica a capire chi infettare e scomparirebbe. Praticamente, chi ha sviluppato gli anticorpi fungerebbe da schermo protettivo.
Tuttavia questo processo “biologico” non è semplice da raggiungere perché richiederebbe un numero molto elevato d’infetti guariti che dai dati raccolti a oggi sono lontani da poter essere raggiunti. Per questo molti ricercatori credono che la ricerca di un vaccino sia l’unica strada per sconfiggere il Covid-19.
Recentemente, Nir Eyal, il direttore del Centro di Popolazione –Livello Bioetica presso la Rutgers University in New Brunswick, New Jersey, ha sottoposto una prestampa su Nature intitolata “Human challenge studies to accelerate coronavirus vaccine licensure” – Sfida umana per accelerare la concessione di una licenza del vaccino contro il Coronavirus. La proposta è quella di accelerare la ricerca del vaccino eliminando la fase tre della sperimentazione.
Cos’è la fase tre?
La fase tre è una delle tre fasi di test che rende un vaccino sicuro per la popolazione. Un passaggio importante e di conseguenza molto lungo e che vede la partecipazione di un numero elevato di partecipanti tale da rendere il vaccino statisticamente sicuro.
Cosa propone lo studio?
Sull’articolo “Human challenge study” si ropone di effettuare le sole fasi uno e due, cioè una fase iniziale di sicurezza, ricerca del dosaggio del vaccino e studi immunologici, riducendo i tempi da un anno e mezzo a sei mesi.
Quali sono le fasi di sperimentazione a cui si sottopongono i candidati che partecipano alle campagne di vaccinazione?
- Prima fase di sperimentazione di un vaccino sull’uomo
Nella fase uno sono coinvolti pochi individui (10 – 50) giovani e sani, nel quale vengono studiate la sicurezza e la risposta immunitaria dei candidati al vaccino. I candidati selezionati sono individui sani e a basso rischio di contrazione del virus. In questa prima fase si fanno anche delle scelte sul dosaggio e sull’ osservazione degli effetti collaterali al farmaco. Spesso in questa fase si creano due gruppi di osservazione, dove al primo gruppo si somministra il vaccino e al secondo il trattamento di controllo o “placebo”.
Durante questa prima fase gli studiosi raccolgono dati della produzione di anticorpi o altri riscontri medici come l’influenza con tutti i suoi sintomi. Durante la fase di osservazione, si può decidere di aumentare il dosaggio o la frequenza del farmaco.
- Seconda fase di sperimentazione di un vaccino sull’uomo
Nella fase due, dopo aver osservato la risposta immunitaria e tossicologica in seguito alla prima parte dell’ osservazione si selezionano un numero maggiore di volontari (100 – 1000) per osservare la reazione su un gruppo di persone più diversificato. La fase due porta all’ ottimizzazione del farmaco.
- Terza fase di sperimentazione di un vacciono sull’uomo
Nella fase tre, si continua a monitorare i risultati immunologici e tossicologici e gli effetti negativi, ma su un numero molto elevato d’individui (10.000 o anche più). Prima di concedere una licenza per un vaccino bisogna dimostrare che è statisticamente sicuro ed efficace in condizione di malattia naturale.
In quest’ultima fase gli individui selezionati sono suddivisi in gruppi. A un gruppo viene somministrato il vaccino e a un altro il placebo. I partecipati verranno poi monitorati svolgendo una vita normale e quindi anche cercando di evitare di contrarre il virus. Per questo motivo la fase tre richiede molto tempo.
Come si può eseguire lo studio “Human Challenge study” proposto da Nir Eyal in modo sicuro?
La proposta un po’ provocatoria presentata all’interno della prestampa “Human challenge Study” è di eseguire il test solo dopo una fase preliminare, facendo in modo che i candidati siano continuamente monitorati e che mostrino una buona risposta immunitaria.
Per questo lo studio sarebbe eseguito su un numero esiguo di persone, circa 100 individui di giovane età compresi tra 20 e 45 anni. Inoltre i candidati scelti dovranno essere sani. I volontari che dovessero risultare infettati dal virus Covid-19 sarebbero sottoposti a cure eccellenti in condizioni di priorità e di isolamento. Durante la fase di osservazione tutti i partecipanti anche quelli non infettati rimarrebbero in un contesto protetto.
Gli autori dell’ articolo mostrano una preoccupazione sui modelli d’indagine al vaccino contro il corona virus, e cioè che esso possa indurre a un’ infezione più grave come riportato per alcuni modelli su animali, come mostrato per SARS e MERS. Qualora un candidato dovesse mostrare tali effetti sarebbe precauzionale fare il test su un numero esiguo di volontari via via crescete. In questo modo se si dovesse osservare un effetto potenziato d’infezione, sarebbe possibile fermare gli studi in una fase iniziale della sperimentazione. Ovviamente questo porterebbe anche ad una osservazione più veloce degli effetti negativi del vaccino, evitando la vaccinazione di molte persone.
La proposta presentata dagli autori di “Human Challenge Study” viene descritta come un’ alternativa positiva e quasi più efficace rispetto al metodo tradizionale, dove sono impiegate tutte e tre le fasi prima di concedere la licenza per un vaccino. Bisogna sottolineare però che questo modello si concentra su un numero esiguo d’individui, per lo più giovani e in salute, trascurando la maggior parte delle persone anziane e cagionevoli che per paura di contrarre il virus sono maggiormente predisposti a vaccinarsi.
Bisognerebbe chiedersi se un tale approccio semplificato definito sicuro, possa essere veramente tale anche per una fascia di utenza più debole.
N. Eyal et al. Preprint at DASH
http://go.nature.com/33y1hey; 2020
Foto di copertina: Christo Anestev da Pixabay