Come raggiungere la felicità?

Raggiungere la felicità è obiettivo primario di qualsiasi essere umano. La sensazione di benessere e gioia che si sperimenta in un momento di felicità è innegabile e impagabile, ma da cosa deriva? Il benessere può essere già sinonimo di felicità?
La correlazione del benessere con il piacere o la felicità edonistica ha una lunga storia. Già Aristippo, filosofo greco del IV secolo a.C., insegnava che lo scopo della vita è sperimentare la massima quantità di piacere e quella felicità entra a far parte dei propri momenti edonici. Hobbes sosteneva che la felicità si trova nel successo perseguito dai nostri appetiti umani, mentre De Sade credeva che la ricerca della sensazione e del piacere fosse il fine ultimo della vita. Altri filosofi come Bentham, sostenevano che è attraverso il tentativo cogliere e di massimizzare il piacere che la buona società è costruita. L’edonismo, come punto di vista del benessere, è stato così espresso in molte forme e varia dai semplici piaceri corporei ad una vasta attenzione agli appetiti e agli interessi personali.
Gli psicologi che hanno adottato la visione edonistica tendono a focalizzarsi su un’ampia visione dell’edonismo che include le preferenze e i piaceri della mente e del corpo. In un volume che annunciava “l’esistenza di un nuovo campo della psicologia”, definirono la psicologia edonistica come lo studio di “ciò che rende le esperienze e la vita piacevoli e spiacevoli” (p.xx). Il suo titolo, Well-being: The Foundations of Hedonic Psychology, suggerisce chiaramente che all’interno di questo paradigma, i termini benessere ed edonismo sono essenzialmente equivalenti.
Definendo la felicità in termini di piacere rispetto al dolore, la prospettiva edonica si pone come obiettivo chiaro e inequivocabile di ricerca e intervento, la felicità umana. Di conseguenza, su come le persone calcolano le utilità, massimizzano la densità della ricompensa e ottimizzano gli input associati al piacere rispetto al dolore. Tale dolore deve però essere concettualizzato in un accezione più ampia del mero dolore fisico, in quest’ottica il dolore assume connotati diversi, dolore quale sinonimo di amarezza o dispiacere.
Sebbene ci siano molti modi per valutare il piacere ed il dispiacere nell’esperienza umana, la maggior parte della ricerca nell’ambito della nuova psicologia edonistica ha usato la valutazione del benessere soggettivo SWB, acronimo di Subjective Well-Being. In un importante articolo datato 1984, Diener ha proposto una definizione di benessere soggettivo che può essere definito in base a componenti affettive, quali la presenza di affect positivi e assenza di affect negativi, nonché componenti cognitive di soddisfazione per la vita.
In definitiva comunque, la centralità della prospettiva edonica si basa sullo studio e sull’analisi del piacere come opposto del dolore, questa prospettiva si collega quindi facilmente anche con le teorie comportamentaliste di ricompensa e punizione in quanto tali teorie, si focalizzano sulle aspettative cognitive di tali risultati.
Per cercare di superare alcune di queste questioni, nonché il forse troppo riduttivo approccio comportamentalista, entra in gioco la prospettiva eudaimonica, dove vengono prese in considerazione variabili ed indicatori differenti e dove l’analisi del benessere edonico, del piacere immediato, viene superata per lasciare il posto ad un analisi più articolata, ricercando un significato più ampio di benessere e focalizzandosi sullo sviluppo personale e l’auto-realizzazione, piuttosto che sul mero piacere osservato dalla prospettiva edonica
Il modello bio-psico-socio-spirituale, alla ricerca della felicità
L’importanza di un approccio che sia multidimensionale, il quale possiamo definire anche con il termine di olistico, è di estrema importanza per il raggiungimento di un benessere che sia veramente globale, sia da un punto di vista psichico che fisico. Nonostante la grande evoluzione scientifica avvenuta negli ultimi decenni che ha dato sempre più spazio alla psicosomatica, ancora oggi il rapporto tra mente e corpo non sembra essere ben compreso, si tende a separare l’uno dall’altra quando in realtà questo legame è assolutamente inscindibile. Si pensi al corpo come una dimensione che accoglie l’espressione di una sofferenza, un contenitore dove abita qualcosa di molto più profondo. Purtroppo spesso ci si dimentica: una ferita al corpo è una ferita che colpisce aspetti profondi della psiche umana.
L’approccio bio-psico-sociale, tanto caro alla psicologia della salute può essere qui considerato come il solo in grado di coniugare molteplici visioni e prospettive del benessere che tengano in considerazione la globalità di tutti gli aspetti che fanno parte dell’individuo, della persona nella sua interezza, biologica, psicologica e sociale. Se teniamo in considerazione per un attimo la definizione di salute da parte dell’OMS, che la definisce come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non come l’assenza di malattia”, non si fatica a comprendere come la salute sia da considerare come qualcosa di molto più complesso di quel che frettolosamente, spesso forse troppo ingenuamente si può pensare.
In questa nuova ottica, il modello bio-psico-sociale fa da riferimento, diventando perno di una scuola di pensiero che si distacca dal passato, nasce la necessità di veicolare una nuova forma di conoscenza della struttura umana che superi l’approccio biomedico e il dualismo mente-corpo dei tempi di Cartesio. Un ulteriore definizione del concetto di benessere che si estende coinvolgendo anche la parte spirituale della persona, si è avuta nel 2010 nel rapporto della Commissione Salute dell’Osservatorio Europeo su Sistemi e Politiche per la Salute, che definisce la salute come “lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di benessere, che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”. Da questa nuova definizione, il modello bio-psico-sociale prende spunto per integrare una nuova sfera che permea la vita della persona e conseguentemente la sua percezione di benessere e felicità, entra così a far parte del modello anche la sfera spirituale. S’inizia a parlare oggi di modello bio-psico-socio-spirituale.