Rischi dei social network: tra sfide estreme e bisogno di approvazione

I recenti fatti di cronaca hanno nuovamente acceso i riflettori sui rischi connessi all’uso di Internet e dei social network tra i giovanissimi. Il pericolo si nasconde tra sfide estreme e bisogno di approvazione; educare al corretto uso del mezzo tecnologico e regolamentarlo per legge, è fondamentale per impedire ai più giovani di rischiare la propria vita.
I social network rappresentano per i più giovani il loro naturale modo di esprimersi e relazionarsi attraverso la tecnologia. Inconsapevoli dei rischi che il mezzo tecnologico nasconde, molti ragazzi ne abusano. L’obiettivo diventa fare di tutto per dare una determinata immagine di se stessi, in grado di raccogliere approvazione tra i coetanei. Il livello di tale approvazione è misurato dal numero dei followers, persone spesso sconosciute per cui si è pronti ad accettare anche sfide pericolose.
Ne abbiamo parlato con il Professor Santo Di Nuovo, Ordinario di Psicologia dell’Università di Catania e Presidente dell’Associazione Italiana di Psicologia.

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Dopo il tragico episodio degli ultimi giorni, si è levato il solito coro di esecrazione contro i social media che inducono al suicidio, sulla necessità di proibirli del tutto ai bambini. Non penso sia il proibizionismo e la repressione la soluzione migliore per i problemi, non lo è mai stato.
Giusto che si regoli l’accesso dei minorenni ai social richiedendo documentazione sull’età e assenso esplicito dei genitori e che i genitori seguano e controllino quello che i figli fanno online. Giusto che vengano segnalati gli abusi alla polizia postale e che ci siano regole chiare e ben definite anche per legge a livello nazionale e internazionale.
Ma il problema non è solo lo strumento.
Il mezzo tecnologico dà sfogo e possibilità di facile realizzazione ai bisogni dei bambini che si manifestano anche al di fuori di essi. Ad esempio: il bisogno di farsi apprezzare e approvare dai coetanei, di avere
tanti “followers” è naturale nello sviluppo infantile, gratifica, rafforza l’autostima, aiuta la socializzazione, supera la fasi di solitudine e di abbassamento dell’umore che tutti provano, bambini e adulti. I social network possono facilitare questo naturale processo, anche se possono portare ad abusi. Sono gli abusi che vanno prevenuti e repressi, non lo strumento che va controllato ma non bandito.
Perché è così forte il bisogno di approvazione da spingere a sfide estreme?
Il problema della “sfida” agli altri e a se stessi si inserisce in questo bisogno di approvazione, anche se in modo distorto e pericoloso. Riuscire in “imprese” rischiose è un mezzo per dimostrare di “valere”, quanto e più degli altri.
Le neuroscienze emotive dicono che uno dei bisogni primari a livello emotivo, con basi biologiche, è proprio la ricerca di sensazioni forti (il “sensation seeking”) che porta a mettersi in situazioni di rischio: esempi sono le attività estreme come il bungee jumping, o le scommesse che alcuni giovani fanno lanciandosi ad alta velocità con la moto.
Il fatto che queste “imprese sfidanti” vengano filmate e fatte girare sui social dimostra che servono anche allo scopo acquisire followers e tramite questi, gratificazione e prestigio sociale. Il problema è che molti bambini non si rendono conto esattamente di quali siano i rischi dei giochi pericolosi, e vanno oltre le proprie capacità fino a rimetterci la salute o addirittura la vita.
Cosa possono fare i genitori?
L’aspetto educativo è fondamentale: i genitori ma anche gli insegnanti dovrebbero educare i bambini a comprendere bene i livelli di rischio cui vanno incontro per appagare i bisogni di mettersi in mostra (nei social o al di fuori di essi).
Se questo si verifica in rete, i genitori hanno un essenziale ruolo preventivo prima ancora che repressivo. Possono e devono seguire i figli ad usare correttamente lo smartphone e Internet, mostrandone le opportunità e i pericoli. Possono e devono monitorare quello che i figli fanno nella rete: i social stessi prevedono mezzi tecnici di limitazione dei tempi di utilizzo, e controlli delle applicazioni mediante la funzione “collegamento familiare”.
Prevenire con mezzi educativi e di controllo, lasciando alla polizia postale le funzioni repressive degli abusi, è il modo più valido per ridurre i rischi che si ripetano delle tragedie come quelle tristemente note.
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