Social e scienza: realtà incompatibili?

«Non date ai cani ciò che è sacro, e non gettate davanti ai porci le vostre perle, perché non le calpestino con le zampe, e rivoltandosi non vi assaliscano» (Vangelo di Matteo).
Questo estratto del Vangelo è chiaro: c’è stato un tempo in cui l’essenziale doveva essere mantenuto segreto. Solo gli eletti, ovvero i letterati, potevano dissetarsi al pozzo della conoscenza. Tutti gli altri, dal maniscalco al falegname, non avrebbero potuto capire, abituati com’erano a far lavorare le mani al posto della mente. E questo non sarebbe stato il peggio. Fatto ancor più grave era che, con il loro vile pensiero, avrebbero deturpato il patrimonio della verità.
Oggi il concetto è cambiato. La segretezza non è consentita dalla comunità scientifica. Ogni scoperta deve essere condivisa con tutti i laboratori, e divulgata a chi non è parte del settore. In qualsiasi angolo del mondo si trovi, un ricercatore potrà far tesoro della nuova informazione, ed elaborarla secondo le sue stesse intuizioni. E per chi non è scienziato, è sufficiente sbloccare lo schermo del telefono od accendere il PC, scegliere il social di interesse, leggere delle ultime innovazioni, commentare, condividere e riscrivere la notizia nel modo in cui è stata compresa, condendola con le proprie impressioni ed interpretandola in base alle informazioni a disposizione.
L’alterazione della notizia
Il destino della notizia scientifica segue due vie: il passaggio in secondo piano oppure la storpiatura. Mi spiego meglio. Quando l’informazione passa di bocca in bocca, di schermo in schermo, di mente in mente, come in un telefono senza fili, l’ultimo ascoltatore dovrà accontentarsi di una manciata di verità. E se questo è vero per ogni genere di notizia, dal gossip alla cronaca, ancor più vero lo è per la scoperta scientifica. Essa dovrebbe esser trattata con razionalità da chiunque, addetti ai lavori e non, privilegiando la ragione alle sensazioni. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, viene mescolata alle emozioni, e filtrata a seconda delle conoscenze in possesso. Considerando che oggi chiunque si crede nella posizione di spiegare anche ciò che non è di sua competenza (d’altro canto i social lo consentono) e che l’ovvia conseguenza è il dilagare delle fake news, a mio giudizio Matteo proprio in torto non era…

Quando la scienza è scienza?
Non è sufficiente un singolo studio per fare di una evidenza una prova definitiva. Anche perché nella scienza, le prove immutabili non esistono. Mi spiego meglio. Consideriamo il significato del termine “scientifico”. La scienza è tale solo se è falsificabile. Lo disse Karl Popper per distinguere la scienza dalla non scienza. Se esiste anche solo ipoteticamente un’affermazione in antitesi rispetto all’esperimento, allora l’esperimento è scientifico. E se gli scienziati lo sanno, per noi inesperti è difficilissimo accettare che una scoperta, forse rivoluzionaria, possa, anzi debba, essere contraddetta. Magari servono anni prima che una scoperta venga falsificata. E in quel periodo l’affermazione scientifica entra a far parte del nostro quotidiano, vi facciamo riferimento nelle conversazioni e ci creiamo un’opinione. Ma prima o poi arriva il giorno in cui l’esperimento non è più valido ed a quel punto la nostra idea sembra non essere più legittima. Dovremmo ricominciare da capo, ma allontanarci dalle nostre convinzioni, soprattutto se radicate, specialmente se relative alla scienza, è estremamente complicato.
Cerchiamo di non vedere la necessità di cambiare un’idea come un ostacolo. Al contrario, vediamolo come un bisogno indispensabile per il progresso: l’unico modo per aprirci alle ragioni altrui, rendendo possibile l’avanzamento scientifico, è lasciare da parte il senso comune, ovvero le idee maggiormente compatibili con il nostro modo di vivere, ed abbandonare ciò che sappiamo.
Riflettendo
Per ultimo, ritengo doveroso citare l’importanza del passo falso social, motivo ulteriore di una mancanza di divulgazione digitale della scienza: basta una parola fuori posto, un errore di battitura, un singolo abbaglio, che la prestigiosa carriera dello scienziato, o più semplicemente la credibilità della nostra opinione, è in bilico. Nessuno si ricorderà dei successi precedenti. Qualunque conquista successiva, qualsiasi ragionamento eccellente del commentatore, sarà sempre macchiato da quell’unico inciampo. E chi ha commesso l’errore non osi cercare di discolparsi. Sarebbe considerata un’ammissione di colpa, futili giustificazioni con le quali provare a riabilitare il proprio nome.
Ed ora, giunti alla fine, mi chiedo: dobbiamo forse attendere altri 2000 anni, perché la preziosità della scienza possa davvero essere valorizzata da tutti, senza pregiudizi e senza manipolazioni di pensiero?
Immagine di copertina di Gerd Altmann da Pixabay