Varianti di SARS-CoV-2 presenti in Lombardia già all’inizio dell’epidemia

I ricercatori dell’Università Statale di Milano, insieme con i colleghi del Policlinico San Matteo di Pavia e dell’Ospedale Niguarda di Milano, hanno individuato ben sette varianti di SARS-CoV-2 presenti nel territorio lombardo sin dall’inizio dell’epidemia. Ciò ha portato all’identificazione di almeno due sub-epidemie sostenute da varianti differenti, una diffusa nel sud e l’altra nel nord della regione.
Ad oggi le diverse varianti di SARS-CoV-2 preoccupano gli esperti, sottolineando l’importanza e la necessità di una sorveglianza epidemiologica continua dei genomi virali circolanti sul territorio. I virus, in particolare quelli a RNA, mutano costantemente; infatti sin dall’inizio della pandemia sono state osservate moltissime mutazioni in tutto il mondo.
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Perché preoccupano le varianti di SARS-CoV-2?
L’ISS (Istituto Superiore di Sanità) ha sottolineato più volte come la maggior parte delle mutazioni di SARS-CoV-2 non abbia un impatto significativo. Tuttavia una qualunque mutazione potrebbe conferire al virus un vantaggio selettivo rispetto a mutazioni meno significative. Mutazioni di questo tipo potrebbero determinare una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo, sia per infezione naturale che per vaccinazione. Ecco perché è necessario un monitoraggio attento, per impedire la circolazione di varianti “pericolose”, come quella inglese, brasiliana e sudafricana.
Non è la prima volta che il virus subisce delle mutazioni.
La circolazione di varianti, ossia di mutazioni del genoma di SARS-CoV-2, in Italia è iniziato già durante i primi mesi dell’epidemia. Lo dimostrano i dati raccolti in Lombardia, regione italiana più colpita dal virus.
I ricercatori dell’Università Statale di Milano, insieme con i colleghi del Policlinico San Matteo di Pavia e dell’Ospedale Niguarda di Milano, hanno condotto uno studio per fare chiarezza sulle varianti virali attraverso una mappatura del virus circolante in Lombardia. La ricerca, sostenuta dalla Fondazione Cariplo e pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications, ha sequenziato 346 genomi virali raccolti in tutto il territorio lombardo tra febbraio e aprile 2020.
Il virus circolava liberamente già prima del caso diagnosticato a Codogno.
Dal lavoro è emersa la presenza di ben sette varianti di SARS-CoV-2 in Lombardia, alcune selezionatesi all’interno della stessa regione ed altre introdotte da territori più dislocati in un breve lasso di tempo. Tre varianti su sette hanno subito un’amplificazione tale da determinare la presenza di importanti cluster locali di trasmissione, che risalirebbero già ai primi giorni di febbraio. Le sequenza analizzate appartenevano ai seguenti lignaggi, da cui emergono le varianti più rappresentate:
- B.1 (51,7%)
- B.1.1 (36,4%)
- B.1.5 (9,8%)
- B.1.1.1
- A.2
- B
- B.1.8

Sebbene non siano state riscontrate differenze rilevanti nelle caratteristiche demografiche e cliniche tra i diversi lignaggi, sono state riscontrate alcune differenze nella distribuzione geografica dei tre lignaggi più rappresentati (B.1, B.1.1 e B.1.5).
Il lignaggio B.1 ha colpito principalmente (90,2%) la Lombardia meridionale, comprese Lodi, Cremona e Mantova, mentre nel nord della Lombardia, principalmente a Como, Lecco, Bergamo e territori limitrofi come Alzano e Nembro, il 62,7% delle sequenze apparteneva a B.1.1. Infine, la linea B.1.5 è stata rilevata principalmente a Pavia, con un cluster locale in quest’area composto da 23 sequenze B.1.5.
Quest’approccio filogenetico, basato sullo studio dei diversi lignaggi circolanti in Lombardia, ha portato all’identificazione di almeno due sub-epidemie sostenute da varianti differenti, una diffusa nel sud e l’altra nel nord della regione, colpita più duramente di altre. Pertanto l’analisi costante delle varianti presenti sul territorio nazionale ha l’obiettivo di frenare la diffusione di mutazioni pericolose.
Si ringrazia l’Ufficio Stampa dell’ Università Statale di Milano.
In copertina foto di Gerd Altmann da Pixabay