Il rischio di diffusione Covid-19 e le reazioni degli italiani

Il rischio di diffusione Covid-19 e le reazioni degli italiani

Una analisi a freddo sulla gestione dell’emergenza epidemiologica in Italia

I mezzi d’informazione in Italia comunicano a fine Gennaio 2020  la registrazione di numerosi casi di infezione causati da un virus a corona della famiglia Sars.

Il virus Covid-19 causa qualche decesso nel nord Italia. Vengono intervistati medici che tranquillizzano la popolazione. Infatti molte persone contraggono il virus e guariscono come nelle passate influenze stagionali. Gli esperti ribadiscono che, normalmente, i virus influenzali causano un numero maggiore di morti rispetto al Coronavirus, e che comunque trattasi – sia per le influenze stagionali – che per questo  Covid-19 di pazienti debilitati e molto anziani, che non sopravvivono a tale esposizione.

Intanto giungono notizie su qualche giovane sano che muore di questa infezione, e, nonostante la calma che alcuni esperti invitano a mantenere, assieme alla raccomandazione di lavarsi frequentemente le mani, un paese della Lombardia, Codogno, viene isolato per l’elevato numero di infetti, quindi il focolaio del virus è a due passi dalla capitale economica italiana.

Gli italiani percepiscono che il rischio non può essere così insignificante, soprattutto se una città lombarda viene blindata, e così l’Italia entra nel vortice della confusione per informazioni poco chiare. Negli italiani si insinua il dubbio che gli esperti conoscano poco il virus, o vogliano non aggravare la situazione con la diffusione di uno stato di panico generalizzato.

Nei soggetti ansiosi e fragili scatta l’allarmismo, che viene  incrementato dall’informazione equivoca. Questi individui predispongono piccoli depositi all’interno delle loro abitazioni, e li riempiono con super scorte di derrate alimentari, detergenti, soluzioni alcooliche e rotoloni di carta igienica.

Non tutti reagiscono con l’eccessiva preoccupazione, alcuni vivono una certa insofferenza al prospettarsi delle limitazioni negli spostamenti, in nome della difesa della libertà e delle necessità inderogabili.

Sono entrambe reazioni incontrollate,  che danneggiano la comunità. Infatti,  non si risolvono i problemi futuri svuotando gli scaffali dei supermercati, che in questo modo non possono approvvigionare altre persone per i fabbisogni quotidiani. Tuttavia, non si deve sottovalutare un eventuale problema che va pian piano delineandosi, mettendo in gioco la propria salute, i propri cari e la comunità di appartenenza.

Le notizie distorte non sono di aiuto, e una parte della popolazione, che vede in pericolo la propria attività commerciale o comunque il proprio lavoro, dà credito alle fake news, e discute sui social in merito al virus creato in laboratorio o ad un virus inesistente o pressoché  innocuo, usato per far crollare l’economia. Tutto ciò viene strumentalizzato per creare disordine in politica, quando invece chi governa ha bisogno della massima collaborazione.

Nel frattempo a Marzo l’OMS dichiara la  pandemia da Coronavirus, e le misure in Italia diventano restrittive, con relative sanzioni – anche penali – per i trasgressori.

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La gestione italiana della pandemia

Così, dopo la dichiarazione di pandemia, si riceve dai mezzi di informazione un’analisi più dettagliata e chiara. Virologi, infettivologi ed epidemiologi informano per mezzo della carta stampata e di emittenti televisive sulle conoscenze acquisite riguardo al virus, sul suo evolversi e sulla sua crescente virulenza, che all’inizio era invece una manifestazione leggermente più grave di un’ influenza stagionale.

La campagna di contenimento per sconfiggere il virus pandemico è l’invito ai cittadini di restare in casa, di spostarsi entro il proprio comune per motivi quali spese farmaceutiche e alimentari,  e di limitare le uscite con direzione comuni limitrofi ad urgenze dimostrabili, tra le quali quelle lavorative. Del resto anche il mondo del lavoro modifica il proprio approccio e molti servizi vengono erogati da casa dagli impiegati, nei settori dove non è necessario il contatto col pubblico. Nello stesso modo, la scuola gestisce le lezioni online e così vengono erogati alcuni servizi burocratici comunali e non solo.

             

I cittadini vengono invitati ad usare mascherine e guanti, che sono indispensabili per i commercianti dell’agroalimentare, che continua il proprio lavoro poiché gestisce beni di prima necessità. Settori come abbigliamento, calzature, parrucchieri, estetiste, bar, ristorazione e turismo non possono continuare il loro esercizio che verrà ripristinato a maggio per alcuni e per altri a giugno o a data da destinarsi.

Queste sono le direttive del governo, su indicazione della comunità scientifica e  previa consultazione delle statistiche e della protezione civile. Vengono inoltre forniti chiarimenti di natura medica, con interviste televisive agli esperti e si intensificano i controlli e i pattugliamenti delle forze dell’ordine, perché tutto ciò sia rispettato.

Continuano però a pullulare le fake news sui social, e la gente dà segni di cedimento e stanchezza, oltre alla comprovata impazienza per gli aiuti economici statali, che non arrivano tempestivamente. Tale problema è più rilevante per le attività produttive e commerciali che rischiano la chiusura definitiva a causa della pandemia.

Il danno generato dalle fake news va contrastato efficacemente

Per contrastare le fake complottistiche,  intorno ad un virus creato in laboratorio o inesistente, basterebbero – a mio avviso – delle trasmissioni in cui i medici spieghino ai cittadini, che l’informazione iniziale non poteva essere precisa e chiara, poiché si stava appena delineando il propagarsi del virus.

Tali comunicati potrebbero innanzitutto chiarire che la medicina procede per via sperimentale, per tentativi ed errori, da cui si impara per il futuro, come del resto è la vita, dalla quale non possiamo eliminare gli imprevisti.

Naturalmente, urgono aiuti ai commercianti in difficoltà da parte dello Stato, e il disordine politico creato dai complottisti delle fake non li aiuta di certo.

 

Antonella Domenica Amato

Vivo a Catania. Mi interessano gli approfondimenti scientifici e mi occupo di divulgazione scientifica.
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